Chiarimento della crisi in aula è l’intesa tra Letta e Napolitano
Dopo un’ora e mezzo di colloquio tra Giorgio Napolitano ed Enrico Letta, il comunicato del Quirinale fotografa lo stato dell’arte di una giornata che non ha portato eccessive certezze sugli sviluppi della situazione dopo lo strappo di Silvio Berlusconi che ha imposto il ritiro della delegazione ministeriale del Pdl.
Di certo non si accenna a dimissioni del premier e si sposta l’attenzione sui passaggi che attendono la crisi in Parlamento. «E’ stata attentamente esaminata la situazione – si legge nella nota del Colle – che si è venuta a creare a seguito delle dichiarazioni del presidente Berlusconi e delle dimissioni rassegnate dai ministri del Pdl in adesione a quell’invito. Il succedersi nella giornata odierna di dichiarazioni pubbliche politicamente significative dei ministri dimissionari, di vari esponenti del Pdl e dello stesso presidente Berlusconi ha determinato – si osserva al Quirinale – un clima di evidente incertezza circa gli effettivi possibili sviluppi della situazione politica. Da ciò il presidente del Consiglio ha tratto, d’intesa con il presidente della Repubblica, la decisione di illustrare in Parlamento – che è la sede propria di ogni risolutivo chiarimento – le proprie valutazioni sull’accaduto e sul da farsi. Il presidente del Consiglio – conclude la nota – concorderà la data dei dibattiti con i presidenti delle Camere».
E quello del passaggio parlamentare della crisi, che comincerà mercoledì al Senato per spostarsi giovedì alla Camera, è il primo dei punti affrontati da Enrico Letta intervistato da Fabio Fazio a ”Che tempo che fa“. Anche perché, dice il premier, «da un po’ di giorni ho perso il filo delle posizioni del Pdl». Quindi la cosa da fare sarà quella di chiarire tutto con la richiesta della fiducia. «Ma alle Camere – ha aggiunto Letta – chiederò la fiducia non per tre giorni per poi cominciare come prima, ma per andare avanti e realizzare il programma. Ribadisco di non voler governare a tutti i costi, di essere un Re Travicello, e se la fiducia non ci sarà, ne tirerò le conclusioni».
LA RIFORMA ELETTORALE
Le ragioni che inducono Letta a cercare di prolungare la vita del governo sono soprattutto la legge di stabilità che «potrà consentirci di cogliere nel 2014 i risultati che ritengo a portata di mano», e la necessità di una nuova legge elettorale perché, osserva il presidente del Consiglio, se si andasse alle elezioni col Porcellum «queste darebbero di nuovo le larghe intese». Invece, aggiunge ancora Letta, «siamo di fronte a un momento drammatico e forse di svolta nella vita politica italiana. Ce lo dice quello che succede nel centrodestra».
E di fronte all’eventualità evocata da Fazio di «un governo scilipotico», il premier dice appunto che si dovrà fare i conti con «un dato tutto politico legato a quanto succederà all’interno del Pdl. Alla luce anche di quello che dicono i sondaggi che danno la stragrande maggioranza dei suoi elettori favorevole a una prosecuzione dell’esperienza del governo». Quanto a un punto nodale della vicenda politica, e cioè la giustizia, Letta prima afferma di «sorridere» quando sembra che «parlare di giustizia voglia dire parlare di Berlusconi», rivendica al governo di aver mandato in porto una riforma della giustizia civile e, per quanto riguarda l’applicazione della sentenza della Cassazione sul Cavaliere, afferma che «non può essere scambiata con l’appoggio al governo. Questo – sottolinea – è stato un tema dirimente per le scelte fatte. Ci aspettavamo un atteggiamento diverso. E’ una cosa che ho voluto tenere separata dall’inizio e lo farò anche se il governo andrà a casa». Da parte sua Berlusconi sembra viaggiare su un itinerario assai diverso. Innanzitutto telefona ai suoi riuniti a Napoli che «l’unica via è andare avanti verso le elezioni al più presto possibile. Tutti i sondaggi ci dicono che vinceremo».
Afferma che «i miei problemi personali non hanno avuto peso nelle mie decisioni politiche», aggiungendo, con uno scarto da quella che sembrava la linea stabilita, che «sullo stop all’Imu e all’aumento dell’Iva, come su tutte le altre misure utili, come il rifinanziamento della cassa integrazione e delle missioni internazionali», non mancherà il sì del Pdl. Certo a Letta non si rivolge con eccessiva amicizia dolcezza, affermando che il premier, «pur provenendo da una tradizione cattolica e democratica, sembra aver preso tutti i vizi della sinistra che ribalta la realtà a proprio vantaggio. Avevo sperato nella larghe intese, ma la sinistra è sempre quella delle tasse e che gli avversari politici, piuttosto che batterli nelle urne, preferisce vederli in carcere».