Dal Quirinale censura a Calderoli
«Non è un fatto personale, il caso per me non si è mai aperto perché non è un caso personale. Sicuramente non scendo allo stesso livello»: lo ha detto oggi il ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge, all’indomani dell’esplosione del caso Calderoli. Il leghista, vicepresidente del Senato, aveva detto della Kyenge: «Quando vedo le sue immagini, non posso non pensare a un orango», suscitando lo sdegno bipartisan del mondo politico. Il ministro, a margine della Giornata della “Carovana della libera circolazione” in corso a Pescara, rispondendo ai cronisti che le chiedevano se avesse intenzione di intraprendere azioni legali contro Calderoli, ha detto: «No, per conto mio no. Le dimissioni non le richiedo io. Questo non è un punto che mi riguarda. Io pongo un’altra questione, una riflessione sul ruolo di chi riveste una carica pubblica».
Pd: adesso basta, Calderoli lasci. «Adesso basta – si legge in una nota del Pd – Non si può lasciare spazio al razzismo, all’insulto, all’istigazione dei peggiori istinti. Non si tratta di chiedere scusa o di smentire battute. Non si può tergiversare o minimizzare. Le parole usate dal senatore Calderoli nei confronti della ministra Kyenge sono un fatto gravissimo, che sta già provocando emulazioni, dichiarazioni e atti senza precedenti. Sono una manifestazione di irresponsabilità. Non si può lasciare che resti al proprio posto di rappresentante delle istituzioni chi usa le parole come clave per fomentare il razzismo e dileggiare una donna e un ministro».
Salvini: Napolitano, taci che è meglio. Ad arroventare il clima, però, è arrivato stamattina l’attacco di Matteo Salvini, segretario della Lega in Lombardia, al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ieri aveva parlato di «imbarbarimento della vita civile» riferendosi alle parole di Calderoli. «Napolitano si indigna per una battuta di Calderoli – ha scritto Salvini su Facebook – Ma Napolitano si indignò quando la Fornero, col voto di Pd e Pdl, rovinò milioni di pensionati e lavoratori? Io mi indigno con chi si indigna. Napolitano, taci che è meglio!».