Appello del Presidente Napolitano per le riforme
Un «governo eccezionale», che deve non solo combattere la crisi ma finalmente approvare le riforme istituzionali; certamente un esecutivo che non ha una scadenza come uno yoghurt ma che, proprio per la sua straordinarietà, è «senza dubbio a termine». Per questo i 18 mesi per chiudere le riforme, indicati ieri dal premier Letta, sono un tempo «appropriato». Ma sono anche il limite massimo. Ecco il presidente ‘vigilantè che anche oggi torna a chiedere «operosa laboriosità» alle forze politiche e al Parlamento per passare alla terza repubblica attraverso significative modifiche costituzionali. Dai giardini del Quirinale, visitati oggi da un mare di gente che lo ha a lungo applaudito, Giorgio Napolitano continua ad usare il bastone e la carota verso le forze politiche, passando dall’ottimismo alla preoccupazione. Nel giorno della festa della repubblica, celebrata in maniera decisamente sobria, il capo dello Stato da un lato assicura di vedere un Paese «determinato a superare la crisi», dall’altro mantiene i piedi per terra sulla reale capacità delle forze politiche di trovare un accordo sulle riforme. Sulla loro capacità di ammainare finalmente «le proprie bandiere o i propri modelli».
Naturalmente rimane in piedi in tutta la sua complessità il nodo della legge elettorale, la cui modifica Giorgio Napolitano non si stanca di chiedere ai partiti, memore dei guasti nefasti del Porcellum e conscio che il governo di larghe intese avanza sempre sull’orlo di un precipizio al cui fondo ci sono elezioni anticipate. Con i giornalisti il presidente mette subito in chiaro due punti importanti: primo, la parola è ora al Parlamento con il ‘Comitato dei quarantà che è l’istituzione deputata «ad entrare nel merito», la quale si può appoggiare anche sul lavoro già fatto dai ‘saggì chiamati dal Quirinale. Lì si lavora; all’esterno ognuno può dire quello che vuole in tema di riforme. Secondo, «non sta scritto da nessuna parte che si debba tornare al proporzionale puro». La prima repubblica è passata e Napolitano quasi si diverte a ricordare che di «adeguamento della Carta costituzionale» si parla – e autorevolmente – da decenni: «andatevi a vedere – suggerisce ai cronisti – le cose drastiche che chiese Scalfaro, uno dei costituenti, nel 1992 e cioè che una revisione della costituzione nell’articolazione dei poteri era indispensabile. Questo era il mandato, poi – ha aggiunto – le risposte le darà il Parlamento.