Il Presidente Napolitano discute del Porcellum

Se c’è una cosa che spiace a Napolitano, sono certi assalti preventivi al treno delle riforme: ancora il convoglio non si è messo in marcia, e già rimbombano le critiche severe di Zagrebelsky (ma non solo le sue) che scorge uno strappo alle regole là dove, sul Colle, appare tutto rigorosamente conforme alla Costituzione. Pietra dello scandalo è il famoso Comitato di esperti (una ventina ancora da scegliere, tra di loro nessun parlamentare in carica). da cui Letta gradirebbe una consulenza per progettare la nuova architettura istituzionale. Secondo l’accusa, la partecipazione dei «tecnici» al dibattito costituente rappresenterebbe una deviazione dalla retta via scolpita nell’articolo 138. Dove nessun contributo esterno venne previsto.

Napolitano, viceversa, non vede cosa ci sarebbe di male se questi esperti fornissero una traccia di lavoro alle Commissioni Affari costituzionali, composte da rappresentanti del popolo non tutti padroni della materia. Semmai, al Presidente risulta alquanto «abnorme» una simile eccitazione nei toni, e in generale la caccia a presunte violazioni costituzionali là dove si tratta semplicemente di rendere più agevole il percorso riformatore. Altro esempio? Rodotà (il quale ieri ha confermato al premier l’intenzione di non far parte del Comitato di esperti, tutt’al più darà da fuori qualche suggerimento) contesta l’intenzione di far lavorare insieme le due Commissioni della Camera e Senato, creando nei fatti una sorta di Bicamerale. Secondo il prof, saremmo già oltre le procedure fissate dalla Costituzione. Il Capo dello Stato, invece, considera le riunioni congiunte un ragionevole espediente per evitare duplicazioni nonché perdite di tempo…

Tutti concetti che Napolitano ha illustrato a Quagliariello, a Finocchiaro e a Sisto, rispettivamente ministro delle Riforme, presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato e parigrado alla Camera. Oltre a dispensare consigli e incoraggiamenti, il Presidente ha fornito ai tre ospiti indicazioni molto nette su come sbrogliare certe matasse che si vanno ingarbugliando. Prima fra tutte, la riforma elettorale. Proprio ieri mattina Anna Finocchiaro aveva depositato una proposta per tornare al Mattarellum, cioè alla legge che vigeva fino al 2006, con qualche opportuna variante (via il contestatissimo «scorporo», parità di genere, premietto per chi vince). Il governo però ha tutt’altra idea. Letta vorrebbe limitarsi per il momento a qualche correzione del «Porcellum», giusto come paracadute casomai si dovesse tornare di corsa alle urne; la riforma vera verrà fatta, come ripete Quagliariello, «solo dopo che avremo deciso se andare a Parigi, a Londra o a Berlino», e dunque avremo preso ispirazione dal modello francese, britannico o tedesco, poiché «ciascuna di queste opzioni si porta appresso un sistema elettorale diverso».

Tra le due strade (ritorno al Mattarellum o modifiche al Porcellum) Napolitano ha una spiccata preferenza per la seconda. La sua indicazione è netta: si corregga in fretta la legge attuale secondo le indicazioni fornite dalla Consulta, e ci si dedichi alle grandi questioni in sospeso (bicameralismo, poteri del premier, taglio dei parlamentari…). Il governo Letta è una creatura del Presidente. Logico che Napolitano preferisca adottare nell’immediato la soluzione che meno invogli qualcuno (si tratti di Berlusconi o magari di Renzi, che concede un anno di tempo per fare queste benedette riforme) a rovesciare il tavolo. Nell’ottica quirinalizia, una limitata modifica dell’esistente offre al governo maggiori chance di tenuta.

Dunque oggi, quando a Largo del Nazareno il segretario Epifani discuterà con i suoi il da farsi, tutto fa ritenere che verrà fatta la volontà del Colle. Al massimo si discuterà se introdurre una soglia del 43-44 per cento al premio di maggioranza, oppure cancellarlo del tutto, tornando al sistema proporzionale della Prima Repubblica. Si studierà come cancellare il meccanismo dei premi regionali al Senato, che tanti danni ha causato all’Italia. Per scegliere gli eletti, nel Pd c’è chi proporrà un sistema misto: i primi due di ogni lista verrebbero decisi dai partiti, tutti gli altri in base alle preferenze… Ne capiremo di più e meglio domani, quando il ministro Quagliariello riferirà in Parlamento.

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