La nuova vita delle mascherine usa e getta: dai tubi alle strade
Sono tra gli accessori più utilizzati degli ultimi tempi, non usciamo mai di casa senza e ne abbiamo viste davvero di tutti i colori. Circa 130 miliardi al mese di mascherine usa e getta vengono buttate via e se ragioniamo su scala mondiale potremmo rimanere stupiti dalla quantità che ogni ora viene abbandonata (molto spesso in strade o spiagge). Chi ne risente maggiormente è sicuramente l’ambiente: c’è da considerare che una mascherina di questo tipo impiega un tempo notevole per decomporsi, stiamo parlando infatti di 450 anni. Questo perché tali dispositivi sono composti principalmente da polipropilene, uno dei polimeri più utilizzati al mondo. Infatti, una delle sfide più grandi per la ricerca in questo settore è quella di riuscire a raccoglierle e sanificare adeguatamente le mascherine usa e getta per poi poterle riutilizzare.
Diverse idee sono nate recentemente in ogni parte del mondo a dimostrazione che le loro applicazioni possono essere davvero tante. Partiamo dalla Francia con Plaxtil, una piccola start-up di Châtellerault che ha pensato ad un modo innovativo per dare nuova vita a questi dispositivi. Dopo aver infatti raccolto e sterilizzato le mascherine con l’utilizzo dei raggi UV, le hanno triturate e utilizzate per produrre nuovi oggetti anti-Covid.
Con l’aggiunta di una resina per indurire il materiale fino alla consistenza desiderata, sono stati in grado di produrre oggetti come visiere protettive trasparenti oppure utili apriporta, ovvero dispositivi utili per poter maneggiare le maniglie senza toccarle. Un altro esempio arriva dagli Stati Uniti, dove TerraCycle raccoglie sia mascherine che guanti monouso e visiere protettive, utili a diversi scopi a seconda del loro materiale. Infatti, il primissimo step è quello di separare i vari materiali e destinarli a diversi trattamenti. Il polipropilene viene lavorato e utilizzato nella produzione di contenitori, tubi, mobili da esterni e molto altro. Ma anche il metallo, l’elastene e la gomma ricavati dai dispositivi di protezione individuale trovano un nuovo utilizzo. Il progetto si è basato soprattutto sui rifiuti prodotti nei centri commerciali, scuole, università, tralasciando i rifiuti ospedalieri per l’elevato rischio di contaminazione. E ancora, l’azienda canadese Vitacore, sta testando un sistema per trattare le mascherine e trasformarle in pellet di plastica grezza, riutilizzabile in vari modi. Invece in Australia i ricercatori del Royal Melbourne Institute of Technology hanno studiato un sistema per trasformare le mascherine in asfalto. Anche in Italia questo tema è molto sentito e già dal primo lockdown i ricercatori del Politecnico di Torino avevano pensato ad un modo per poter riciclare le mascherine usa e getta. Infatti, dopo averle opportunamente sminuzzate e fuse, sono state da loro impiegate per ottenere vari oggetti in plastica tramite stampaggio a compressione e stampaggio 3D.Si potrebbe quindi concludere che questi studi si collocano alla perfezione in quello che possiamo definire un vero e proprio slancio mondiale degli ultimi anni verso il riutilizzo e la sostenibilità ambientale.
di Ludovica Chiango