Nola, Piazza Sant’Antonio Abate: l’incuranza è il miglior disprezzo
Nola – Piazza Sant’Antonio Abate prende la sua denominazione da un’antica chiesetta che era ivi edificata e demolita nella seconda metà del 1900. Il sito era caratterizzato anche dalla presenza di Palazzo Grande Marchese della Schiava, demolito anch’esso alla fine degli anni sessanta per fare spazio all’edificio postale.
La sua attuale configurazione deriva da un progetto realizzato alla fine degli anni ’80 che ricomponeva un’area urbana caratterizzata dal disordine, dove informi capannoni e botteghe per la lavorazione del marmo precedevano la superficie residuata dalla demolizione della chiesetta.
Priva di elementi attrattivi e di servizi che ne producessero un indotto, per anni Piazza Sant’Antonio è rimasta nell’incuria al punto che un angolo della stessa è stato luogo di deposito di rifiuti, preferito da quei cittadini che proprio non li tollerano sulla soglia del proprio portone.
Di recente, sono stati realizzati alcuni interventi puntuali e finalizzati al restyling della stessa. La piazza è stata rifunzionalizzata a parcheggio e area giochi. La necessità di intervenire per migliorare la condizione di degrado che caratterizzava l’invaso spaziale non si discute, tuttavia ci si domanda circa i criteri adottati nel programmare tali interventi e l’effettivo miglioramento prodotto.
La natura storica del sito richiederebbe un approccio consapevole, in particolare, nella individuazione di una rifunzionalizzazione.
Il ridimensionamento della piazza, a favore di aree a parcheggio e oltretutto per un numero limitato di nuovi posti, costituisce un intervento che si colloca in totale controtendenza e che va in direzione diametralmente opposta rispetto alla valorizzazione del centro storico e ai criteri di sostenibilità.
In molte città d’Italia è in corso oramai da anni un processo di liberazione degli spazi pubblici del centro storico dal traffico veicolare, al fine di favorire il godimento degli stessi e delle architetture che essi delimitano. I posti auto andrebbero ricercati altrove.
Altra riflessione richiede la destinazione ad area gioco che poteva essere curata con maggiore sensibilità.
Non si comprende, infine, la modifica dell’aiuola che separa le due sezioni di Piazza Sant’Antonio Abate che era costituita da pregevoli gradoni rivestiti di marmo grigio vesuviano e che ora sono stati tinteggiati di colore verde e trasformati con sovrapposte scritte che si riferiscono alla denominazione della piazza stessa.
Su quest’ultimo aspetto attendiamo chiarimenti.
Talvolta la condizione di incuranza dei monumenti rappresenta il miglior modo di preservarli.
di Maurizio Barbato