Clan Russo: il pm Di Monte ricostruisce la latitanza delle “primule rosse”

Nola – Se la latitanza dei fratelli, Pasquale e Salvatore Russo è durata più di 15 anni è stato soprattutto perche’ i due padrini hanno potuto contare sull’appoggio di una fitta rete di insospettabili pronti a fornire automobili pulite, schede non intercettabili a familiari e affiliati. Quindici anni di convivenze e complicità che sono state ricostruite nel corso del processo in atto presso il Tribunale di Nola. A rendere il quadro più chiaro ed inquietante è stato un perito tecnico dell’accusa, rappresentata dal pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Simona Di Monte. Faldoni, carte processuali e registrazioni in cui sono contenute intercettazioni ambientali e telefoniche dei quindici anni. Gli spostamenti dei familiari, l’aiuto dei parenti, il supporto logistico ed operativo di semplici conoscenti. Due certezze emergono con assoluta chiarezza: Pasquale e Salvatore Russo non hanno mai abbandonato il loro territorio. E soprattutto non hanno mai smesso di incontrare familiari e affiliati per imporre ordini, pianificare strategie ma anche per momenti di intimità familiare. Accade cosi che in prossimità delle ricorrenze natalizie o pasquali i familiari dei due ras spariscono dalle rispettive abitazioni per incontrare i due latitanti. Accade quando una delle figlie di Salvatore Russo deve ufficializzare il fidanzamento ma ha bisogno del si del genitore. Prepara così l’incontro tra il padre latitante ed il promesso sposo. Quindici anni di incontri segreti, sparizioni e viaggi. La latitanza dei fratelli Russo è stata ricostruita in aula grazie alla testimonianza del perito che ha risposto alle domande del pubblico ministro della Dda di Napoli. Il rituale era sempre lo stesso. I familiari per raggiungere il covo dei due boss avevano bisogno di autovetture pulite non sottoposte a controlli o cimici delle forze dell’ordine. E così che entravano in scena gli insospettabili, incensurati, persone che non avevano alcun legame con la malavita. Fungevano da autisti per i familiari dei due padrini. E grazie a questa fitta rete di complicità e convivenze che Salvatore e Pasquale Russo per oltre quindici anni hanno potuto controllare le attività illecite sul territorio nolano nonostante la pressione investigativa delle forze dell’ordine. Non si sono mai allontanati da quei territori che conoscevano perfettamente e dove potevano contare sull’appoggio della popolazione locale. Poi forse un errore da parte proprio degli insospettabili ha portato gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Napoli sulle tracce di Salvatore Russo arrestato nell’ottobre del 2009 in un casolare di Somma Vesuviano. La rete di copertura e complicità si era ormai spezzata. Dopo appena due giorni stavolta sono i carabinieri di Castello di Cisterna a porre fine alla latitanza di Pasquale Russo ritracciato in un’abitazione di Sperone, comune della provincia di Avellino ma a pochi chilometri da Nola. Quegli anni non sono ancora passati alla storia ma costituiscono oggetto di indagine da parte dei magistrati della Dda di Napoli che cercano di far luce su una latitanza durata troppo.

di Pasquale Napolitano

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