Progetto Heat-to-Fuel: biocarburanti di nuova generazione. Prospettive interessanti sul piano economico e occupazionale
Torino – In questi anni si sente spesso parlare di “biocombustibili” e “combustibili di seconda generazione”, ma di cosa si sta veramente parlando? All’indomani della crisi economica del 2008 il crollo della domanda del gasolio e della benzina aveva provocato la chiusura di 17 raffinerie in Europa, di conseguenza in Italia si pensò bene di investire nella riconversione delle raffinerie esistenti in bioraffinerie. Questi impianti sono in grado di trattare sia i carichi di prima generazione sia le materie prime avanzate. Anni dopo, però, è iniziato l’abbattimento di foreste e la distruzione di piante in grado di assorbire CO2 per produrre le materie prime destinate ai biocarburanti utilizzati in Europa. Da alleati, i biocarburanti di prima generazione (le cui materie prime sono costituite da colture alimentari come mais, canna da zucchero, soia, olio di palma …) sono diventati nemici pubblici. Nel 2013 circa il 31,6% del consumo di energia europeo è stato destinato al settore dei trasporti: è proprio in questo settore che si impiegano prevalentemente combustibili fossili d’importazione come il gasolio e il cherosene. Per questo motivo ci si muove sempre più verso una produzione a minor impatto ambientale finalizzata alla riduzione delle emissioni. Al momento la tendenza si è spostata verso biocarburanti più sostenibili, biocarburanti, come oli di frittura esausti e grassi animali, e verso biocarburanti avanzati, ad esempio alghe e biomasse lignocellulosiche come l’amido, per i quali tuttavia non sono ancora disponibili tecnologie su scala industriale.
Il progetto Heat-to-Fuel costituisce pertanto un’importante iniziativa dell’Unione Europea finalizzata a fornire tecnologie e processi efficienti per i carburanti di nuova generazione nel settore dei trasporti, i biocarburanti. Questa iniziativa vede coinvolti 14 Partner da 7 stati europei ed è coordinata dall’istituzione austriaca Güssing Energy Technologies. Il nuovo biocarburante è ottenuto da biomasse di seconda generazione, quindi non più da petrolio, ed è chiamato pertanto “decarbonizzato”. Sarà anche più performante grazie all’integrazione di nuove tecnologie, attività innovative su design, modellazione, sviluppo di hardware e processi, test. Dei partner coinvolti fa parte anche il Politecnico di Torino, che tra i vari compiti dovrà modellare l’impianto stesso.
Il biocarburante rappresenta un bel vantaggio su vari fronti, primo tra tutti quello economico; con queste tecnologie infatti si otterrebbero miscele a prezzo inferiore ad 1 euro al litro, questo poiché si ha una riduzione di circa il 20% dei costi di produzione. Un altro aspetto importante è la creazione di nuovi posti di lavoro relativi all’apertura di nuove bioraffinerie, senza tralasciare l’impatto ambientale: l’aumento della qualità del carburante ottenuto comporterebbe una riduzione delle emissioni di gas serra e conseguentemente un minor impatto ambientale; inoltre vi sono da considerare anche tutti gli aspetti relativi alla sicurezza energetica, poiché aumentando la quota di risorse locali utilizzate per produrre energia si riduce la dipendenza dell’Unione Europea dalle importazioni.
di Ludovica Beatrice Chiango