Inps: ecco chi rischia di arrivare tardi in pensione
L’Inps ha studiato la storia contributiva della «generazione 1980, una generazione indicativa» prendendo a riferimento un «universo di lavoratori dipendenti, ma anche artigiani» ed è emerso come per un lavoratore tipo ci sia «una discontinuità contributiva, legata probabilmente a episodi di disoccupazione, di circa due anni». Così il presidente dell’Inps, Tito Boeri, nel corso del suo intervento al ‘Graduation Day’ all’Università Cattolica.
Per Boeri il ‘buco’ contributivo pesa sul raggiungimento delle pensioni, che a seconda del prolungamento dell’interruzione può slittare «fino anche a 75 anni». Con ciò, ha tenuto a sottolineare, «non voglio terrorizzare ma solo rendere consapevoli dell’importanza della continuità contributiva».
L’Italia «entrerà appieno nel sistema contributo dal 2032, troppo tardi, meglio una riforma seria e definitiva invece che uno stillicidio di riforme che disorienta le persone», ha aggiunto.
«Questa settimana partono le prime buste arancioni, saranno 150 mila e conterranno le informazioni di base» con la stima dell’estratto conto contributivo, e la previsione del rapporto tra contributi versati, pensione futura e possibile data di uscita, ha aggiunto Boeri per cui si tratta di una operazione «importante, perché in Italia c’è una bassa cultura previdenziale e una consapevolezza finanziaria ancora più bassa, soprattutto fra i giovani. Abbiamo trovato tantissimi ostacoli, soprattutto per l’invio delle buste arancioni perché, lo voglio dire con sincerità, c’è stata paura nella classe politica, paura che dare queste informazioni la possa penalizzare», ha sottolineato parlando dei ritardi e delle difficoltà per la campagna informativa con cui l’Istituto diffonde le proiezioni sulla pensione futura. Per Boeri ha pesato «la paura di essere puniti sul piano elettorale».
Occorre introdurre flessibilità in uscita nel sistema pensionistico «in tempi stretti» anche perché «c’è una penalizzazione molto forte dei giovani e dato il livello della disoccupazione giovanile c’è il rischio di avere intere generazioni perdute all’interno del nostro Paese». In Italia i livelli della disoccupazione giovanile sono «assolutamente intollerabili».
Nei primi due mesi del 2016 sono stati stipulati 291.387 contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni) mentre le cessazioni, sempre di contratti a tempo indeterminato sono state 254.274 con un saldo positivo di 37.113 unità. Il dato è peggiore di quello dell’anno scorso (-74% rispetto ai +143.164 contratti dei primi due mesi 2015), risente della riduzione degli incentivi sui contratti stabili e della grossa accelerazione nelle assunzioni stabili a dicembre. Il dato è peggiore anche del 2014 (+87.180 posti stabili).
Complessivamente le assunzioni attivate da datori di lavoro privati esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli a febbraio 2016 sono state 341.000, con un calo di 48.000 unità (-12%) sul febbraio 2015. Questo rallentamento – spiega l’Inps nel suo rapporto mensile sul precariato – ha coinvolto essenzialmente i contratti a tempo indeterminato (94.961, -33% sul febbraio 2015). Le cessazioni, nel complesso risultano diminuite del 7%; mentre quelle a tempo indeterminato sono in linea con febbraio 2015. Il flusso di trasformazioni a tempo indeterminato è in forte contrazione (-50%).
I flussi di rapporti di lavoro nei primi due mesi del 2016 – spiega l’Inps «risentono dell’effetto anticipo legato al fatto che dicembre 2015 era l’ultimo mese per usufruire dell’esonero contributivo triennale. In quel mese si sono registrati quasi 400.000 rapporti di lavoro instaurati – attivati o trasformati – con esonero contributivo, pari a quasi quattro volte la media degli 11 mesi precedenti (107.000)». Con la legge di stabilità 2016, infatti, è stato introdotta una nuova forma di incentivo rivolta alle assunzioni a tempo indeterminato e alle trasformazioni di rapporti a termine di lavoratori che, nei sei mesi precedenti, non hanno avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato. La misura dell’agevolazione prevede l’abbattimento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (esclusi i premi Inail) in misura pari al 40% (entro il limite annuo di 3.250 euro) per un biennio.
Nel bimestre i nuovi rapporti a tempo indeterminato attivati sono stati 212.978, oltre 107.000 in meno rispetto ai 320.054 dello stesso periodo del 2015. Le trasformazioni di rapporti a termine sono state 61.749 (72.378 nel primo bimestre 2015) mentre quelle da apprendistato sono state 16.660 (in aumento sulle 13.448 del primo bimestre 2015). Le cessazioni sempre di contratti a tempo indeterminato sono state lievemente inferiori con 254.274 chiusure a fronte delle 262.716 del primo bimestre 2015.