Renzi soddisfatto dell’esito del referendum
La spallata al governo Renzi non c’è stata e coloro che ieri sera sono usciti sconfitti hanno dato subito appuntamento alle amministrative di giugno e, soprattutto, ad ottobre quando gli italiani verranno chiamati a votare sulla riforma costituzionale.
Il risulta di ieri dimostra per Renzi come gli elettori siano molto più avvertiti e consapevoli di quanto creda una certa politica da talk show. Gli elementi per arrivare al quorum sulla carta c’erano infatti tutti: uno schieramento molto ampio di partiti a sostegno dei “no-triv”, le inchieste della procura di Potenza con tanto di intercettazioni, amministratori regionali-testimonial fieramente convinti, una buona dose di bucolico ambientalismo da decrescita felice e persino un presidente di Corte Costituzionale vicino alla dorata pensione che ha chiamato gli elettori all’assalto delle urne. Il tutto ha fatto poco più del 31% che non è nemmeno la somma delle percentuali che raccolgono M5S, Lega, Sel, Fratelli d’Italia, sinistra Pd, Sinistra Italiana, e Forza Italia, partito quest’ultimo in
piena confusione di linea.
Il quesito è stato battuto, i 350 milioni di euro sono stati gettati al vento e lo spintone al governo è fallito. Il presidente del Consiglio gongola, ma usa toni molto diversi da quelli di pochi giorni fa e ringrazia gli elettori mentre attacca quel gruppetto di oppositori interni in servizio permanente effettivo che hanno trovato nella Basilicata l’ultimo avamposto dove presidiare i confini di una sinistra già mangiata dai grillini.
Ora il passaggio delle amministrative è insidioso ma mai quanto lo sarà il referendum costituzionale di ottobre. Renzi sembra aver compreso il rischio di un eccesso di personalizzazione. Ovviamente è scontato che toccherà a lui e al suo governo pagare il conto di un’eventuale sconfitta, ma da ieri risulta evidente quanto giovi parlare del merito delle riforma evitando personalizzazioni e polemiche dirette con il variegato schieramento di oppositori.
Gli argomenti ad ottobre saranno più facili da maneggiare. Il taglio del Senato, la riduzione dei costi della politica, il ridimensionamento delle competenze delle regioni, la cancellazione del Cnel e la definiva scomparsa delle province sono temi immediati, ma non sarà facile vincere la battaglia contro un blocco di opposizioni che ieri ha debuttato e che ha ora quasi cinque mesi per organizzarsi e trovare sintonie con tutto quel corpaccione di persone, enti ed istituzioni che temono il ridimensionamento. Evitare che si formi un blocco unico contro il governo non sarà facile, ma spostare il confronto sul contenuto della riforma risulterà decisivo.
Nel frattempo il premier può spendere il suo successo di eri anche all’estero, soprattutto in Europa dove molti governi sono alle prese con l’avanzare dei partiti populisti di destra e di sinistra mentre la tragedie dei migranti assume proporzioni molto pericolose per la tenuta dell’Unione Europea.