Giustizia, i magistrati: “Vogliamo una risposta concreta dal Governo, non lo scontro”
Le toghe non arretrano dopo l’attacco di ieri al governo.
«Non vogliamo lo scontro e non facciamo paragoni con il passato. Chiediamo riforme concrete e risposte forti e questo non sempre è accaduto sulla corruzione». Lo dice il segretario dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Maurizio Carbone. «La stessa politica sta facendo autocritica: se in meno di 2 anni si sta modificando la legge Severino vuol dire che avevamo ragione».
«Io sono per la costruzione di ponti: meglio la costruzione che la loro rottura». Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm, ha risposto così alle domande dei cronisti che gli chiedevano se si senta a proprio agio nel ruolo di «ponte» fra governo e magistratura attribuitogli da qualcuno. Legnini partecipa oggi alla seconda giornata dei lavori del congresso dell’Anm a Bari.
A rimproverare la politica per la «troppa enfasi» con cui si è concentrata sul nodo delle intercettazioni era stato ieri il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli, che aveva fatto notare come tutto questo avvenga nonostante una criminalità organizzata «diffusa ormai in ogni ambito e le forme di pesante devianza infiltrate nel settore pubblico e dell’economia».
Il tema delle intercettazioni «ha finito con l’assumere una centralità che risulta persino maggiore dell’attenzione dedicata ai problemi strutturali del processo e a fenomeni criminali endemici», ha sottolineato Sabelli, lamentando anche la disorganicità degli interventi nella materia penale e chiesto misure per l’efficienza.
Secondo il leader dell’Anm non solo sono «indifferibili» le riforme dirette a restituire alla giustizia la sua efficacia, ma serve «una pluralità di interventi coerenti e coraggiosi». Invece proprio nella materia penale si sta procedendo con progetti che «appaiono disorganici e troppo timidi».
In particolare la riforma del processo penale apporta solo alcune «migliorie» non la «soluzione sistematica dei mali» che affliggono i giudizi; e alcune sue innovazioni, a cominciare dall’imposizione di nuovi termini per l’esercizio dell’azione penale, possono persino «creare disfunzioni ulteriori».