Rubrica APERTA-MENTE. IL MOBBING: quando lavorare può diventare una malattia

Cari lettori e lettrici,

nel presentarvi questa nuova rubrica ho specificato che il suo principale scopo sarebbe stato quello di discutere,ovviamente trattando argomenti di interesse psicologico possibilmente aderenti alle esperienza personali di ciascuno. Allora,cercando di rimanere fedele alle mie premesse,voglio cominciare parlandovi di MOBBING ,un fenomeno che ognuno di noi potrebbe incontrare nella propria esperienza lavorativa.

Il termine deriva dall’inglese to mob (accerchiare,aggredire in massa) ed è stato introdotto negli anni Settanta dall’etologo Konrad Lorenz ,per descrivere un comportamento aggressivo che gli individui di una specie possono assumere con l’intento di escludere un membro dal loro stesso gruppo. L’ espressione poi ha preso ad indicare la violenza psicologica sul posto di lavoro a partire dagli anni Ottanta, grazie al contributo dello psicologo svedese Heinz Leymann che definì il mobbing  una comunicazione ostile e non etica diretta da uno o più individui contro un singolo. Ma veniamo ai fatti. Il mobbing ,o attività mobbizzante, è da intendersi come un insieme di atti finalizzati ad indurre la vittima a lasciare da sé il posto di lavoro,senza ricorrere al licenziamento. La vittima viene “aggredita” con vari metodi di violenza sia psicologica che fisica: sottrazione ingiustificata di incarichi; spostamenti ingiustificati; dequalificazione delle mansioni; rimproveri per motivi futili,spesso in presenza di colleghi; dotazione di attrezzature di lavoro di scarsa qualità,scomode,mal funzionanti. A ciò si aggiungono “doppi sensi”, battutine,cambio di tono della voce nel rivolgersi alla vittima,per non parlare poi delle espressioni del viso e della gestualità.

Possiamo riconoscere almeno due tipi di mobbing : il mobbing dall’alto o gerarchico è attuato da un superiore con lo scopo di spingere alle dimissioni un suo sottoposto;il mobbing tra pari o ambientale è praticato da un gruppo di lavoratori nei confronti di un collega o perché non bene integrato nell’organizzazione lavorativa per vari motivi ambientali o caratteriali,o semplicemente perché –questo nella maggioranza dei casi-la disorganizzazione,i fallimenti e le mancanze dell’organizzazione lavorativa producono un forte stress fra i dipendenti i quali,sentono la necessità di scaricare la frustrazione su un collega che fa da “capro espiatorio”.

A queste due categorie si aggiunge quella del mobbing strategico che si presenta quando l’attività vessatoria ha lo scopo di espellere un lavoratore per fare posto ad un altro.

La cosa importante da considerare è che, nella maggior parte dei casi, l’attività mobbizzante non è esplicita, per cui è difficile tradurre questi episodi in “prove certe”, né può essere ricondotta ad un unico evento e per questo non immediatamente considerabile lesiva. Ciò che deve essere valutato è l’insieme dei singoli episodi che producono il danno nel tempo: infatti l’attività persecutoria causa gravi ripercussioni psico-fisiche che provocano specifiche malattie. E’ chiaro che il mobbing non è una malattia ma può esserne una causa scatenante. La patologia psichiatrica più frequentemente associata al mobbing è il DISTURBO DELL’ADATTAMENTO, che comprende una vasta gamma di sintomi ansioso-depressivi  i quali si presentano come reazione all’evento stressogeno. La vittima può presentare perdita di autostima,insonnia,depressione ,isolamento, oltre a cefalea,tachicardia, tremori, sudorazione fredda, gastrite che, in un numero non trascurabile di casi, possono condurre al suicidio.

L’unica arma a disposizione del lavoratore è, a mio parere, conoscere il fenomeno e le sue possibili manifestazioni, i modo da riconoscerlo subito ed adottare tutte le precauzioni del caso,non ultimo il ricorso ai propri diritti sindacali.

Pensate,i lavoratori italiani sono quelli maggiormente tutelati nei confronti di licenziamenti e trasferimenti ingiustificati mentre i metalmeccanici della Volkswagen,i primi ad avere nel proprio contratto di lavoro un capitolo sul mobbing, possono ricevere un risarcimento fino a 250.000 euro in caso vengano mobbizzati.

Di Autilia Scala

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